Danilo I (1852/1860)
Nel suo testamento, Petar II Petrović Njegoš, nominò suo nipote Danilo quale
suo successore. Ma quando Njegoš morì, il Senato proclamò il fratello più grande
di Njegoš, Pero Tomov Petrović, principe (e non Vescovo). Questo indicò come lo
stesso Njegoš stesse preparando i nuovi regnanti montenegrini a divenire
sovrani temporali.
In seguito ad una breve lotta per il potere seguente la morte di Njegoš, Pero Tomov
perse e cedette l'onore del reame al ben più giovane Danilo. Mentre il successore
di Njegoš era ancora indeterminato, Danilo viaggiò in direzione Vienna e
da qui verso la Russia, supponendo di essere ordinato Vescovo e non già Principe.
Con sorpresa di Pero Tomov e dei suoi seguaci, Danilo tornò a
Cetinje con il riconoscimento ufficiale, dello Zar russo, di Principe del Montenegro.
Ciò diede a Danilo un vantaggio decisivo divenendo Principe mentre Pero Tomov tornava
ad occupare la sua precedente funzione di Presidente del Senato.
Danilo Petrović fu pertanto il primo dei Principi secolari montenegrini titolari,
non più solo, della posizione ecclesiastica di Vescovo. Il regno di Danilo segnò
la strada che fece divenire il Montenegro un Regno sotto il successore, il
Principe (poi divenuto Re) Nikola I Petrović.
Negli affari militari, Danilo fu un'abile stratega e un ottimo comandante. Guidò
i Montenegrini nelle principali vittorie militari. Nel 1858, vinse la decisiva
battaglia di Grahovac. L'esercito del Principe fu condotto dal leggendario Granduca
Mirko Petrović, fratello maggiore di Danilo, carismatico leader militare. Questa
importante vittoria diede lo slancio per demarcare ufficialmente i confini
tra il Montenegro e l'impero del Sultano, riconoscendo de facto la secolare indipendenza
montenegrina.
All'interno dei suoi confini, Danilo fu un regnante ligio al proprio importante
ruolo, rafforzò l'autorità centrale di Cetinje.
Questo consentì il consolidamento delle moderne funzioni dello stato. Il suo instancabile
temperamento, però, lo condusse ad un uso eccessivo del potere. Ad esempio, la tradizionale
libertà tribale fu, talvolta, in conflitto con il rafforzato apparato statale,
soprattutto nell'autorità centrale della capitale e del personale potere del Principe.
Così quando la tribù Kući, del Montenegro orientale, sfidò la sua autorità, la sua
spedizione punitiva fu rapida ed estremamente severa, distrusse, infatti, qualsiasi
resistenza.
Danilo sviluppò l'apparato di Leggi di Petar I (Zakonik Petra I), all'interno
delle sue Leggi Generali del Territorio (Opsti zemaljski zakonik),
leggi consuetudinarie, fortemente radicate negli usi e costumi nazionali. Tale raccolta,
consistente in 95 paragrafi, fu una sorta di Costituzione nazionale, la prima
della storia montenegrina. In politica estera, il Principe lottò (non una
novità) contro gli Ottomani per consolidare ed espandere il territorio del suo stato.
Guardò spesso alla Russia per supporti morali e militari, pur tentando di mantenere
buoni uffici con l'Austria. Questo non gli impedì di “corteggiare” la Francia, che
personalmente adorava dal punto di vista culturale e linguistico. Sua moglie Darinka,
donna istruita figlia di un importante mercante triestino, fu una delle principali
ragioni della sua affezione verso la Francia. La sua attitudine francofila si cementò
con la disillusione derivante dal mancato appoggio dei cugini russi in merito ad
un pieno riconoscimento internazionale dell'indipendenza montenegrina.
Le buone relazioni di Danilo con Parigi furono mal digerite da Russia, Austria
e Serbia che vedevano in questo riavvicinamento una minaccia dei propri interessi
nell'area. Danilo fu assassinato nell'Agosto del 1860 mentre era trasportato
via nave nel porto di Cattaro. Il movente dell'omicidio
fu il sentimento di rivalsa personale di Todor Kadić, della tribù dei Bjelopavliči,
desideroso di vendicare il maltrattamento ricevuto dalla sua famiglia ad opera dello
stesso Danilo. Kadić ricevette sostegno internazionale per l'assassinio commesso,
soprattutto da parte dell'Austria.