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Perasto: alla ricerca del gonfalone di Venezia

Nelle Bocche le idee, i progetti, i sogni degli uomini, sono come le navi. Ecco perché la grande cattedrale barocca di Perasto non rimase incompiuta, ma salpò verso l'altra sponda del golfo per approdare a Perzagno. E quando la sera si costeggia la strettissima litoranea che da Dobrota porta a Cattaro, mentre l'auto sobbalza, singhiozzando per le cunette d'asfalto, sull'altra sponda la chiesa di Santa Maria emerge come un faro dal buio delle montagne. Superata Cattaro, è un susseguirsi di piccoli approdi e porticcioli, labirinti di pietra fatti a misura per i gozzi e le lance che vi riposano. "Marco, Marco", si sente chiamare a voce alta. Un ragazzino con Nike e maglietta dei Lakers si gira, sta giocando a basket, intento a centrare un canestro che non sta qui, ma lontano, migliaia di chilometri, oltre l'oceano. "Siamo arrivati", dice all'improvviso la guida, fermandosi di fronte ad un insolito e snello edificio con tre tetti spioventi, "ecco il palazzo delle tre sorelle". Scendo dall'auto stringendo nelle mani Storie d'Adriatico, il volumetto che mi ha portato sin qui. L'autore ha voluto salvare dall'oblio la storia di tre sorelle che abitarono questa dimora.

Anastasia, Martina e Ivana, innamorate dello stesso capitano di mare, vennero falciate dal medesimo amaro destino nell'attesa che il promesso sposo tornasse per scegliere una delle tre. E man mano che le giovani si spegnevano le loro finestre venivano murate. Così sono rimaste per più d'un secolo sino a quando qualcuno ha voluto riaprirle, ridando luce a quei monumenti di varia, amorosa attesa. Da qui Perzagno, nostra meta, non è lontana. L'ascesa del piccolo borgo marinaro coincise con la decadenza di Perasto, ed ebbe il suo apice alla fine del Settecento e poi con la dominazione austriaca quando nel golfo c'era il meglio della regia marina imperiale con i balli, i fasti, i valzer della Corte viennese. In quegli anni Perzagno contava soltanto millequattrocento anime, ma poteva vantare più di trenta velieri e ben novanta capitani. Furono questi marinai con interessi e capitali a Venezia, Trieste, Costantinopoli, Londra, Valona, Marsiglia a fare la fortuna della cittadina. Sorse l'imponente chiesa di Santa Maria che con i suoi due mila posti a sedere era seconda solo alla basilica di Dubrovnik. Grandezza senza proporzioni!

Ma quelle gesta, forse, non avrebbero memoria se non esistesse Vijeko Verona. Il nostro Pico della Mirandola, novant'anni suonati, di Perzagno conosce vita, morte e miracoli. Più veloce d'un computer, è un fiume in piena; in meno di un'ora, senza prender fiato, racconta la storia della città dalle origini all'organizzazione del primo servizio postale del Mediterraneo da Venezia a Costantinopoli affidato ai perzagnotti dalla Serenissima. E non tralascia nulla, compresa la biografia di tutti i personaggi che hanno dato lustro alla città svelandone persino i dettagli più intimi. Veniamo a scoprire, trascinati dalla sua appassionata mimica e con il dubbio d'esser sempre inconsapevolmente vissuti fuori dal centro del mondo, che Perzagno ha dato i natali ad artisti, scienziati e poeti, tra cui spiccano un famoso rettore dell'Università di Padova, Serafin Rafael Mihnié (1808-1883), fisico-matematico che sistemò il portò di Venezia, l'ingegner Anton Lukovié, che partecipò al progetto del canale di Suez, e persino il medico di Sissi, amata principessa d'Austria, Angelo Mihnié. "Anche !'imperatore Francesco Giuseppe venne a visitare Perzagno", incalza Verona. "Lei non ci crederà, ma il ricordo di quella visità è legato ad uno sbedeffo che ancora oggi echeggia nelle Bocche di Cattaro: Paparauss, paparauss. Ma non lo faccia mai di fronte ad un discendente della famiglia Markovié", si raccomanda, "benché forse", aggiunge volgendo lo sguardo al cielo, "nessuno ormai ricorda più il perché dell'offesa. I fatti andarono così: un bel giorno il sergente della guardia di Cattaro, tal Markovié, venne incaricato di comandare il picchetto d'onore per la visita del sovrano.

Ahimè! non conosceva il tedesco e si esercitava da qualche giorno a pronunciare Gewehrherauj3,cioè 'fuori le armi'. Giunto il fatidico giorno, di fronte a tante personalità il disgraziato riuscì solo a dire un sibilante e tremulo paparauss, provocando l'ilarità del sovrano, del suo seguito e dei bocchesi per molti anni a venire". "La visita dell'imperatore", continua, "portò fortuna alla città, perché Francesco Giuseppe diede una grossa somma per ultimare la chiesa di Santa Maria la cui costruzione iniziò nel 1789 su progetto dell'architetto veneziano Bernardino Maccarucci. Venne terminata, come adesso la si può vedere, solo 120 anni più tardi, alla vigilia della prima guerra mondiale". Dopo una lunga scalinata tra due filari di palme, l'ingresso nella chiesa lascia senza fiato. Dipinti, sculture, oggetti parlano di mare e viaggi lontani. Per acquasantiere ci sono due enormi conchiglie e, qua e là, cimeli di vario tipo, tra cui una tazza d'argento appartenuta al poeta inglese Lord Byron, che pare avesse una relazione clandestina con una nobildonna perzagnotta della famiglia Florio. Notevoli le opere d'arte raccolte dall'infaticabile Don Niko Lukovié, vera anima di Santa Maria; tra le altre, spiccano le tele dei pittori veneti del Settecento: Piazzetta, Tiepolo, Balestra, Molinari, e scultori come Morlaiter e Brustolon.

Ma ci colpisce la storia di una bandiera, testimone di una delle più avvincenti circumnavigazioni del globo. Pian piano si apre la scatola di legno di cedro dov'è custodita ed ecco, finalmente, il bianco vessillo con aquila nera al centro: la massima onorificenza navale austriaca, unica al mondo. Per meritarla, il capitano Ivo Visin dovette viaggiare per i sette mari, dal 1852 al 1859, tra mille pericoli ed avventure degne del migliore Jack London. Sotto le insegne austriache partì dalle Bocche di Cattaro con lo Splendido, un brigantino di trecento tonnellate, dieci cannoni e undici uomini alla volta dell'America del Sud. Da lì, quando nel nuovo continente scoppiò la febbre dell'oro, proseguì per la California dove tutto il suo equipaggio tranne due fedelissimi, un mozzo e uno scrivano lo abbandonò. Arruolati nuovi marinai fece rotta per le Hawaii, dove venne ricevuto dal re come primo suddito austriaco che mai avesse toccato quelle isole. Nelle terre scoperte da Cook si attardò in esplorazioni geografiche e scientifiche, ma quando l'impulso del navigare divenne troppo forte, eccolo ripartire per il Mar Giallo e la Cina. Qui, come si legge nel minuzioso diario di bordo. ingaggiò una cruenta battaglia contro i pirati capeggiati da una donna leggendaria e sanguinaria. Ma Visin li sconfisse e riuscì persino ad "arrichirsi con i traffici tra l'Australia e la Cina. Più volte i suoi uomini si ammutinarono , ma i suoi due amici gli rimasero sempre fedeli. Sette anni dopo con un carico prezioso tornò in Adriatico.

Gli anziani a Perzagno raccontano ancora del suo ritorno. Appena sceso dalla passerella dello Splendido, senza neppure tornare a casa, si arrampicò scaldo sino alla chiesa della Madonna per ringraziare ed esaudire il voto. Giunto poi a Trieste venne accolto con grandi onori, e Francesco Giuseppe in persona volle consegnargli l'alta onorificenza navale: ogni volta che l'avesse fatta sventolare dal pennone più alto del suo brigantino, le navi austriache avevano l'obbligo di rendergli onore e salutarlo con dieci salve di cannone. L'ultimo veliero di Perzagno affondò lontano, nel golfo di Biscaglia, ma I suoi marinai ne riportarono in patria la polena che troneggia alla destra dell'altare della chiesa di Santa Maria. Non ci sono più velieri oggi nelle Bocche di Cattaro, i progetti, le idee, i sogni sono custoditi dai piccoli borghi marinai che la notte si trasformano in navi. Te ne accorgi al buio guardandoli da lontano mentre si riflettono nelle acque del golfo, coloratissimi, armati di gran pavese pronti a riprendere il mare.

Nicolò Carnimeo
Giornalista

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