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Da Bari a Cattaro nel nome di San Nicola

Un’esile voluta d’incenso unisce due altari, ortodosso e cattolico, fianco a fianco, nella basilica di San Nicola di Bari. Il viaggio in Montenegro inizia qui. E non solo per l’abbagliante icona d’argento del benedicente vescovo di Mira, fresca di restauro, che da poco è tornata a splendere nella sacra penombra della cripta.

O per gli altri preziosi doni che re, regina dell’altra sponda del mare in secoli di devozione hanno offerto alla basilica domenicana. Perché San Nicola è un ponte, un passaporto, un viatico, un dono, una promessa, un’ideale stretta di mano tra Oriente e Occidente e per chiunque decida di attraversare l’Adriatico. Lo ritrovi ovunque, dalla costa sino ai monasteri isolati, sperduti, sulle cime più alte e impervie dei Balcani. A volte pare che tutto porti il suo nome: strade, piazze, chiese, isole, e tutti si chiamano Nicola proprio come a Bari, città di cui è patrono, dove a gridarlo per strada si voltano in cento. Compreso, naturalmente, chi scrive.

E non a caso la partenza avviene dal capoluogo pugliese, da sempre il porto per il Montenegro e l’Italia dei Montenegrini. Ci sono stati almeno una volta come alla Mecca, e conoscono le vie centrali (Via Sparano, Corso Vittorio Emanuele, corso Cavour) meglio di un barese puro sangue.

A far compere veniva pure ‘zzi Necole (così era conosciuto dai baresi il re Nicola del Montenegro) le cui spoglie da qui s’imbarcavano, dopo l’esilio, nell’ultimo viaggio verso la patria.

A Bari approdò anche la principessa Elena, prima di convolare a nozze con Vittorio Emanuele. Ed è questo, oltre alle struggenti canzoni nazional-popolari, il dolce tormentone per chi visita il Montenegro. L’antidoto è presto detto. Quando con un sorrisetto, tra l’orgoglioso e l’ironico, dopo aver vantato improbabili ma strettissime parentele con la nostra Casa reale, vi diranno che l’Italia è debitrice di una regina la cui avvenenza ha migliorato la reale stirpe dei Savoia, gli si renda la pariglia: ben novecento anni prima la barese Giaquinta, figlia d’Argirizzo, attraverso l’Adriatico per convolare a nozze con il re montenegrino Costantino Bodin. Pace fatta. E così sia! Da buoni marinai, ottenuta la protezione e benedizione del Santo, non resta che mollare gli ormeggi. Prua a Levante, e bussola per quaranta gradi.

Nicolò Carnimeo
Giornalista

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