Vivere in Montenegro
Ogni tanto inserisco in google la parola Montenegro, illudendomi di trovare nuove
pagine web, nuove prove che attestino l'interesse dell'Italia verso quest'angolo
di paradiso che mi ha preso il cuore e l'anima, e con immenso piacere ho trovato
il vostro sito. Chiedete testimonianze da parte di chi ha visitato questo paese,
e forse, non è la definizione adatta a me. Io infatti non visito il Montenegro,
ma ci vivo, per una media di due mesi all'anno, avendo sposato un ragazzo di Bar.
Non è semplice parlare di questa mia doppia vita, perchè per certi versi, è agli
antipodi di quella italiana. Ho dovuto imparare la lingua, passo dopo passo, prima
le declinazioni, le famose amate odiate "padezi", molte volte bistrattate dagli
stessi montenegrini, poi l'alfabeto, per poi approdare a quel livello in cui ti
accorgi di parlare montenegrino e neanche te ne accorgi. Ho dovuto imparare purtroppo
che pochi parlano italiano, ed anche se ciò è stato uno stimolo per perfezionare
la loro lingua, mi sono rammaricata della difficoltà dei miei connazionali a comunicare
con il personale, nave od aereo che dir si voglia, che a malapena riesce a dare
una semplice spiegazione.
Ho trascorso gran parte del viaggio ad informare i miei
connazionali delle usanze, dei luoghi da vedere, del cibo caratteristico del posto,
segno questo di una mancanza di scambi culturali tra il nostro paese e il loro.
Ho dovuto imparare l'albanese, se non scritto, almeno parlato, per riuscire a comprendere
i mille volti di questa terra, che qualcuno definirebbe cuscinetto, ma che io invece
definirei giaciglio vero e proprio, terra di rispetto e tolleranza, terra dove si
chiede un caffè in lingua montenegrina, e si risponde magari con un bel "faliminers".
Ho dovuto imparare a ballare la shotta, a gustare il burek con il kiselo mlijeko
(yogurt), ho imparato a portare dolcetti e regalini quando vado anche a fare una
semplice visita di cortesia. Ho imparato a chiedere informazioni su tutta la famiglia,
quando incontro qualcuno per la strada, così come ho imparato a fare turska kafa
(caffè turco), ed a berlo molto lentamente. Ho imparato a non emozionarmi, quando
scendo dall'aeroporto, e mi avvio verso la costa, ma a dire il vero, sono stata
una pessima allieva, perchè tutt'ora, nei pressi di Petrovac, il cuore comincia
ad assumere quel ritmo tachicardico, che ti fa sorprendere di come ogni volta, l'impatto
di quella costa sia devastante per il mio universo emotivo. Ho imparato a festeggiare
matrimoni di due giorni, a sorridere a tutti, ho imparato che il postino va invitato
a prendere un caffè, ho imparato che anche un impiegato ha bisogno di fare colazione,
ed a non scandalizzarmi se trovo l'ufficio vuoto, ho imparato tante cose. Ho imparato
a specificare che sono "cista italijanka", un'italiana vera, dato che sorridendo,
credevano tutti che fossi una di loro, che ha preso l'accento del luogo in cui vive,
ed ogni volta lo faccio con immenso piacere. Ho imparato a non chiedere molto, in
quel paese, perchè loro, i montenegrini, ti danno molto più di quanto richiesto,
per quella forma sacra di ospitalità dai colori e sapori di un'Italia che forse non c'è più.
Ma la cosa più importante che ho imparato dai montenegrini è
questa: si può amare il proprio paese, la propria terra, la propria lingua, la propria
cultura, le proprie tradizioni, senza per questo essere fanatici, nazionalisti,
intolleranti. La gioia più grande? I miei figli, che all'avvicinarsi dell'estate,
mi chiedono, con la loro dizione incerta: Mamma, quando andiamo a clnagola? (crnagora?)
Un caro saluto
Anna Mardjonovic
Questo te lo avevano raccontato?