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Cattaro e San Trifone: stupore medioevale

E quando ancora hai negli occhi la basilica di San Nicola di Bari, con le sue pietre bianche che si riflettono nel buio della notte, ecco la cattedrale di San Trifone. Puoi riconoscerne lo stesso stile a prima vista dalle linee pulite, eleganti e dai due campanili che la fanno assomigliare ad un immenso forcone piantato nella terra. E anche all'interno, elegante ciborio nasce sotto l'influenza di quello della cattedrale di Trani. Ma sarebbe riduttivo ricondurre questo monumento di fede, quintessenza dell’alto Medioevo e da secoli custode delle ossa del Santo, solo al romanico pugliese. Le stranissime forme dei suoi pilastri si ritrovano in Spagna, a Santiago de Campostela; e la struttura della facciata dove, se non in Sicilia nel duomo di Cefalù o nel tempio d'oro di Monreale.

Anche San Trifone è una "cattedrale-confine", le sue forme plastiche si posano con quelle della Longobardia. L'arte bizantino-greca trionfa negli affreschi trecenteschi su fondi azzurri e dorati che si riflettono poi, discostandosi solo per la diversità dei programmi teologici, nel sommo monumento del Medioevo serbo: il monastero Dečani, dipinto dagli stessi pittori e ideato da Fra'Vita, umile francescano cattarino. Qui si sente, vibra, la forza straordinaria del Medioevo quando Cattaro, grazie ai traffici marittimi, era una delle capitali mediterranee della cultura. Dice un antico proverbio bocchese: basta immergere un dito nell' acqua per essere collegati con tutto il mondo.

Per respirare l'atmosfera cattarina degli inizi del secondo millennio è bene rivolgersi a Jovan Martinović, archeologo, ex direttore del museo marittimo di Cattaro, fine modellista navale e ciabattino per diletto. È lì dal suo inseparabile amico calzolaio che lo raggiungiamo. La bottega fa angolo con una piazzetta che pare uscita da un quadro neorealista, linda e pinta da piccoli balconcini pieni di fiori, c’è un bar con i tavolini all'aperto e un curioso negozio di pappagalli e uccelli esotici che ne completa la cornice. Da una grande finestra aperta a pian terreno puoi vedere il nostro Geppetto far di suola, accomodare le calzature con gesti lenti, appassionati tanto da rimanerne incantato. E dopo aver timidamente bussato all'uscio, quando ormai t'aspetteresti di veder comparire il Pinocchio di Collodi, ti si presenta Martinović.

Occhi azzurri, cappello nero sulle ventitrè da artista parigino di Montmartre e barbetta bianca, ben curata. È toccato a lui accompagnare, quando hanno varcato le solide mura di Cattaro, re e regine come Elisabetta d’Inghilterra, e poi presidenti e capi di Stato del calibro di Nikita Krusciov, Sirimavo Bandaranaike dello Sri Lanka o lo zairese Mobutu. Ma, tra i tanti, l'incontro che gli è rimasto impresso nell'animo e nella memoria è quello con Sofia Loren. «Lei era splendida. Come sempre», dice accendendosi in volto. Ora tocca a noi. Ma nella visita non siamo soli: ci accompagna il suo gatto, l'inseparabile Miciun, felino solo nell'aspetto perché devoto, fedele e impaziente come un cane. Miciun, che conosce Cattaro bene come il suo padrone, ci precede. Sgattaiola per le strette viuzze, s'infila nelle case diroccate e riappare come un fantasma. Spunta dai giardini e poi lo vedi in alto sulle pensiline che paiono venute fuori da un paese del Tirolo. Costeggia sornione i profili romanici di manici di Sant'Anna e poi balza impunito sugli stemmi leonini medievali o i capitelli gotici delle bifore veneziane.

«Cattaro non ne ha uno solo», inizia Martinović, «ma è una combinazione di stili perché è stata distrutta e ricostruita più volte, come dopo il terribile terremoto del 1667. Sull'impianto romanico c'è il barocco e poi lo stile severo della borghesia cattarina dell'Ottocento sotto l'influsso dell'Austria. Non esiste nessun angolo retto, nessuna linea orizzontale o verticale perché i maestri, che venivano per riedificarla dopo ogni cataclisma, si appoggiavano alla bell' e meglio sulle vecchie mura, ma ogni volta rinnovando, inserendo altri elementi.» Come appariva Cattaro nel Medioevo? «Possiamo averne un’idea precisa nei nostri archivi, che hanno salvato in maniera sorprendente i documenti dal Trecento fino ai giorni nostri. Nei dettagliati contratti d'appalto si legge che le parti inferiori delle case erano di pietra e quelle superiori di legno. Ecco perché Cattaro patì anche incendi come quello devastante durante l'assedio dell'ammiraglio Pisani del 1378, la cui vittoria è celebrata in un dipinto che si trova nel palazzo ducale di Venezia.» Da quel bianco salotto che è la centrale Piazza delle Armi con la torre dell'orologio che sovrasta la "colonna infame" imbocchiamo una stradina che porta a Piazza della Farina dove sorgono i più antichi palazzi nobiliari del Medioevo.

“Vede lì in alto”, continua Martinović ,“quello è il leone della famiglia Bisanti e, più in là, c'è lo stemma della famiglia Buća. I primi, potenti e ricchissimi, erano proprietari dei forni della città e dettero il nome a questa piazza. I Buća, invece, erano armatori, bravi negli affari diplomatici. Nel loro stemma hanno il giglio provenzale perché un membro della famiglia era ambasciatore del regno serbo alla corte di Francia. La colta nobiltà cattarina di origini bizantine come mentalità, ma di stampo latino e greco, grazie ad una spiccata energia imprenditoriale si arricchì durante il periodo serbo (XII-XIVsec.). Lasciò alle navi di Bari e Dubrovnik il commercio marittimo per controllare quello terrestre: le carovane cariche di oro, argento e altri metalli preziosi che arrivavano dalle miniere di Trepca, Novo Brdo, Brskovo per imbarcarsi a Cattaro. Con il danaro dei commerci dall’1lOO al 1200 vengono edificate ben sei chiese romaniche, la cattedrale di San Trifone (1166), San Luca (1195), Santa Maria del Fiume (oggi Santa Maria Collegiata, 1221), San Paolo (1266), Sant'Anna (X-XI sec.), San Nicola dei Marinai, di cui rimangono solo alcune tracce, così come di San Giacomo della Loggia. E poi c'è San Michele, che testimonia la presenza benedettina nelle Bocche di Cattaro come in tutta la costa dalmata dei monaci che, forse, venivano dalla sacra montagna del Gargano.» In tutte queste chiese sino all'Ottocento si seppellivano i defunti, e appena si scava vengon fuori le ossa. La città riposa sulle sue ossa, che sotto vengono cullate dal mare. Perché Cattaro è come se galleggiasse. Una nave ormeggiata sotto le montagne. Quando piove senti l'acqua gorgogliare nei tombini, e quel fluire, ora lento ora veloce, t'accompagna ovunque mentre cammini.

Nicolò Carnimeo
Giornalista

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