Tra amori e ragion di stato
A questo punto pare lecito porsi un'altra domanda: mentre il futuro marito "tubava"
sul golfo di Posillipo, possibile che Jelena nei sei anni trascorsi a
Cettigne dopo il rientro dallo Smolny e il breve idillio con Mannerheim, non
abbia avuto neppure una cotta? A riguardo non c'è nulla di documentato, però in
Montenegro, Paese dove la tradizione orale è fortissima fin dai tempi
degli antichi suonatori di gusle, da oltre un secolo, si tramanda il racconto di
un tenero sentimento sbocciato tra la futura regina d’Italia e un "Serdars",
ossia uno degli 8 ufficiali dei “Perjaniki”, la Guardia del Corpo del gospodar,
composta in tutto da trenta uomini.
Il giovane, assai caro a Nicola I, scortava
spesso lei, la sorella Ana e le dame di compagnia, nelle loro “missioni benefiche”
o negli spostamenti da una città all'altra. Ancora un militare, dunque, nei sogni
amorosi di gioventù di Jela, che evidentemente subì il fascino della divisa. La
storia con l’ufficiale montenegrino fu scandita, secondo il ricordo che ne è rimasto
a Cettigne, da sorrisi, sguardi ripetuti da
lui e rossori improvvisi sulle gote di lei. Da molte parole che non furono mai dette,
da sentimenti inconfessabili. Jelena, alla finestra, seguiva la sagoma allontanarsi
quando lui, dallo spiazzo davanti alla reggia, partiva a cavallo dietro il Padre,
con tutta la Guardia.
E il bel perjaniki, più alto di Dano e Mirko, i fatelli della principessa, si beava
di sentirne tessere gli elogi dalla sua gente e di ammirarne, in silenzio, l'eleganza,
quando in raffinate vesti e col parasole bianco, conversava ai bordi del campo di
tennis o di quello di golf, con le mogli dei diplomatici o altre dame della Vecchia
Europa. Oppure l’osservava rapito mostrare la stessa armonia con le donne montenegrine,
indossarne lo stesso costume, danzare il "kolo",informarsi delle loro famiglie.
Solo quando seppe che Jela era stata promessa in sposa a un principe straniero,
l'anonimo cavaliere uscì allo scoperto con un pianto struggente, l'ultimo sfogo
prima che lei se ne andasse per sempre. Spiega il Metropolita Radovich: «C'è una
canzone suonata con il gusle, il cui titolo, tradotto in italiano, sarebbe “Le nozze
di Elena”, che racconta di questa infatuazione della principessa per l'ufficiale.
È un brano molto triste, malinconico. Dice che il giovane uomo, è venuto a salutare
la bella Jelena il giorno della sua partenza. È venuto per dirle addio. E’
disperato, ma lo conforta l'idea che la donna che ha tanto amato, senza poterglielo
confessare, lontano da lui avrà forse un grande destino. E così le augura con parole
molto commoventi buona fortuna.>>
A Crispi venne l'idea di organizzare un rendez-vous apparentemente fortuito tra
il principe di Napoli e le due sorelle Petrović Njegoš, di cui gli aveva
riferito Sanminiatelli. C'era un'occasione più unica che rara: nel periodo in Umberto
I e la moglie avrebbero soggiornato a Venezia per l’apertura della prima Biennale,
Milena e le due figlie, Jelena e Ana, si sarebbero trovate in Francia,
a Parigi, dopo un soggiorno sulla Costa Azzurra, insieme con Missia e suo marito.
Si trattava soltanto di far fare loro una piccola "deviazione" sul tragitto del
ritorno in Montenegro: nessuno (né il principe di Napoli né gli osservatori
troppo scaltri cui si voleva celare il disegno nuziale) si sarebbe insospettito
più di tanto se la consorte sorte del sovrano balcanico fosse passata a sbirciare
quello che era un evento che richiamò molte teste coronate e vip del tempo da ogni
parte del mondo. Tanto più che la consorte di Re Nicola
e le figlie sarebbero arrivate da Parigi e non direttamente da
Cettigne.
A suggerire l'escamotage al primo ministro fu il fatto che il sindaco di Venezia
aveva chiesto proprio alla Presidenza del Consiglio di patrocinate l'iniziativa.
Crispi lo concesse insieme con una generosa sovvenzione. L'intervento del Principe
di Napoli, che oramai risiedeva prevalentemente a Firenze, era già previsto in calendario
perciò i genitori non dovettero dirgli nulla di particolare per spingerlo a raggiungerli
sulla Laguna. E’ lecito supporre, invece, che alla vigilia del segreto rendez-vous
a "bombardarlo" con generici discorsi sulla necessità di garantire una continuità
alla dinastia. Farini li vede tutti e tre il 20 aprile, appena 5 giorni prima dell’incontro
a Venezia con le principesse montenegrine e nota «un ambiente freddissimo e assai
accigliato». Margherita non ha che parole di circostanza». Vittorio Emanuele è «
duro, impalato, di pessimo umore». Solo il re «Scherza dame di corte». L'indomani
il presidente del Senato riflette fra sé e sé:: «Intanto io noto che né il Re, né
la Regina hanno mai discorso del matrimonio (del duca d’Aosta),quantunque io abbia
scritto in nome del Senato e con ambedue io abbia più volte parlato. E mi domando:
il pessimo umore dei Reali e del principe avvertito da me ieri, non sarebbe causato
da nuove insistenze per il matrimonio del principe, di che io annunciavo al Re come
voce e che il Re negava? Può darsi che all'inizio la regina preferisse imparentarsi
con una dinastia più "grandiosa", ma in questa fase appoggia caldamente la candidatura
di Elena o di sua sorella (una pur minima scelta al figlio bisognava lasciarla).
Anzi,Margherita è la complice numero uno di Crispi, che l'ha fatta riflettere sulle
tante buone ragioni del connubio: "eugenetiche" viste l’altezza e la sana e robusta
costituzione fisica delle ragazze Petrović; "sentimental-patriottiche" perché
la dinastia di cui facevano parte annoverava una sequela di eroi e condottieri le
cui gesta solleticavano a dovere le suggestioni nazionalistiche della sovrana; "politiche"
dal momento che Margherita, più risolutamente di Umberto, perseguiva l'idea di emancipazione
dall'Austria e della conquista delle città irredente; infine "pratiche" poiché certamente
nelle negoziazioni nuziali la corte di un piccolo stato avrebbe mostrato meno baldanza
di quelle con cui in passato avevano trattato.
Luciano Regolo
Jelena
Tutto il racconto della vita della regina Elena di Savoia
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