Gli anni felici di Bonsinini
Jelena, nel ‘19 lavorava ancora all'Ospedale n. l del Quirinale, quindi aveva ben
altro cui pensare prima del look. Una sua amica riferì che «la regina riteneva
il camice da infermiera il più bell'abito che una donna potesse indossare»
e che, una mattina di quell'anno l'accolse con queste parole: «Que vous êtes belle
Joséphine, mais vous êtes ancore plus belle dans votre tablier blanc».
Elena, subito dopo la fine della guerra, aveva aperto un dispensario di medicine
gratuito con ambulatorio, in una dépendance di Villa Savoia, una mensa che distribuiva
pasti caldi e scorte alimentari, poi un laboratorio di calzoleria nei sotterranei
della sua casa. Diceva: «Bisogna far lavorare i poveri per i poveri». A iniziative
analoghe, ma temporanee, diede vita in Veneto, nelle zone più colpite dalla guerra
e a Grado, nei cui ospedali confluirono per un biennio massicci aiuti della regina.
(…)
Ma le condizioni di tante famiglie erano così drammatiche che, agli inizi, quando
si chiudevano i battenti perché cibo e medicine erano esauriti, o perché non c'erano
medici disponibili per le visite gratuite, davanti al dispensario romano, esplosero
risse e anche grida d'ostilità verso i Savoia. Una volta la regina venne pure fischiata.
Non disse nulla, ma soffrì per questo. Terribilmente. (…)
L'impegno sanitario e benefico della regina nei suoi luoghi di villeggiatura
piemontese, fu successivamente sintetizzato così in una sorta di notarella postuma
scritta da Jachi: si occupava sempre e con grande attività dell' Asilo Savoia a
Racconigi dov' erano ammessi dei piccoli orfani o bambini abbandonati. A S. Anna
di Valdieri aveva un ambulatorio, dove 3 volte alla settimana faceva venire un medico
di Cybei, per far curare tutti i malati sparsi nelle montagne. Ha fatto fare delle
operazioni urgenti, riuscite a meraviglia. Le cucine a S. Anna e ad Entraque funzionavano
anche d'inverno. S.M. andava a trovare i poveri e gli ammalati su in montagna. Mandava
i più gravi nelle sue automobili a Cuneo ed a Torino. Oppure, venivano ricoverati
a suo carico nella clinica Helios di San Remo, come riferì il commendatore Nardi.
Pure Rosa Perona Gallotti, ricordava la distribuzione di “minestra, pane, carne,
formaggio e marmellata” a Sant’Anna e nelle valli circostanti. Oppure l'invio dei
pacchi natalizi, preparati minuziosamente dalla stessa regina, con indumenti di
lana, caffè, zucchero, oggetti utili e tanti giocattoli per i bambini. I bimbi aiutati
allora, oramai anziani, di recente, alla vigilia del cinquantesimo anniversario
della morte di Elena, hanno fornito nuove testimonianze della scia dell'eterno amore
che si lasciò dietro la sovrana durante le sue "vacanze".
Luciano Regolo
Jelena
Tutto il racconto della vita della regina Elena di Savoia
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