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Storia

Verso l’indipendenza

Nell’estate del 2000 Milosevic decise di cambiare la costituzione e di diminuire il peso del Montenegro nella federazione. Il parlamento e il governo montenegrino si rifiutarono di riconoscere i cambiamenti e di partecipare alle elezioni presidenziali.

Dopo la caduta di Milosevic, con Kostunica come presidente federale, l’appoggio occidentale a Djukanovic è diminuito. Sono aumentate invece le pressioni su Djukanovic per frenare le spinte indipendentiste. Uno degli strumenti della pressione internazionale furono le accuse italiane per il contrabbando e i legami con la mafia. I servizi segreti e diplomatici stranieri insieme con gli oppositori interni hanno tentato di destituire Djukanovic producendo scandali nei quali si presupponeva fosse coinvolto e l’ambasciatore britannico in prima persona coordinava le campagne elettorale dell’opposizione.

Ciò nonostante Djukanovic è riuscito a vincere le elezioni del 2001 e 2002 e a continuare con la politica delle riforme interne e della preparazione del referendum per l’indipendenza.

Il dialogo con la Serbia è stato difficile. Anche dopo la caduta di Milosevic l’elite politica serba era rimasta molto nazionalista e conservativa. Kostunica, a differenza di Djukanovic, era favorito dalla comunità internazionale e dunque quest’ultimo era stato costretto dalle circostanze ad accettare un compromesso. Nel 2002, sotto la sorveglianza di Javier Solana, sono stati firmati gli Accordi di Belgrado con i quali la Jugoslavia si era trasformata in Serbia e Montenegro, una specie di confederazione, ed era stato deciso che ognuna delle due repubbliche dovesse avere dopo tre anni il diritto di scegliere l’indipendenza consultando la popolazione con un referendum. Entrato in vigore nel 2003, dopo la promulgazione della Carta costituzionale, in realtà questo stato non è mai diventato funzionale e così trascorsi i tre anni il Montenegro ha deciso di organizzare il referendum , nonostante le forti pressioni dell’UE e della Serbia.

Infine l’UE ha imposto la maggioranza qualificata di 55% dei votanti come la condizione per riconoscere un eventuale vittoria degli indipendentisti, che nonostante le proteste è stato accetto dal parlamento montenegrino

Dopo una campagna referendaria civile, democratica e calma, anche il voto si è svolto senza incidenti. Gli osservatori internazionali e il presidente della Commissione referendaria hanno convalidato i risultati e la vittoria degli indipendentisti.

Questo risultato è la conseguenza di vari processi e fattori; l’eredità storica, una lenta maturazione dell’identità dei montenegrini, le tragiche esperienze dello stato comune con la Serbia, la valutazione che l’indipendenza avrebbe favorito lo sviluppo e l’integrazioni euroatlantiche.

Nella campagna referendaria il blocco indipendentista si era mostrato più convincente, in grado di attirare i consensi della popolazione più giovane, più istruita, filooccidentale e urbana e delle minoranze etniche.

I filoserbi erano rappresentati dai partiti che si erano compromessi per la collaborazione con Milosevic, per l’appoggio incondizionato alle guerre, per l’ttaccamento alle idee panserbe. Non avevano da offrire nessuna nuova idea, oltre a puntare sulle paure: che il Montenegro non potrà essere economicamente autosufficiente, che sarà svenduto ai capitalisti occidentali, smembrato dagli albanesi, musulmani, croati ecc. Mancavano inoltre dei leader capaci che potevano competere con il carisma, l’energia e l’abilità politica di Djukanovic, appoggiato da leader di altri partiti e dalle minoranze etniche. Inoltre per l’indipendenza si era schierata praticamente l’intera elite intellettuale montenegrina; letterati, giornalisti, scienziati, attori, artisti e anche sportivi e cantanti.

Per l’indipendenza hanno votato, oltre alla gran parte della nazione montenegrina, le minoranze etniche quasi compatte; albanesi, bosniaci, musulmani e croati. Erano contrari la gran parte dei serbi, mentre gli altri erano quelli che, anche se non contrari all’indipendenza, hanno votato contro perché insoddisfatti di Djukanovic, al potere dal 1989, della corruzione, del nepotismo e della propria posizione sociale ed economica. E’stato importantissimo anche il voto di migliaia di cittadini arrivati a votare dall’estero dove vivono temporaneamente, dai quali la gran maggioranza ha preferito l’indipendenza.

Per quanto riguarda le comunità religiose, si può affermare che cattolici e i musulmani erano favorevoli all’indipendenza, mentre gli ortodossi erano invece profondamente divisi. I fedeli della Chiesa ortodossa serba erano decisamente contrari all’indipendenza, mentre quelli della Chiesa ortodossa montenegrina appoggiavano l’indipendenza senza riserve.

Infine la situazione nella Serbia, dove mancano dei partiti e dei leader importanti che non sono ancorati nell’ancestrale nazionalismo ottocentesco, ha favorito gli indipendentisti montenegrini, All’inizio di maggio, a causa della mancata la consegna al Tribunale dell’Aia del criminale di guerra , il generale serbo bosniaco Ratko Mladic, l’UE ha sospeso le trattative per la firma dell’Accordo per la stabilizzazione e l’associazione con la Serbia. In questo modo la Serbia, sempre più isolata e in una profonda crisi politica e morale non poteva essere molto attraente per i cittadini del Montenegro e la tesi degli indipendentisti che il Montenegro senza la Serbia si sarebbe integrato più velocemente nell’UE e nella Nato si è dimostrata convincente.

Fonte

Prof. Antun Sbutega

Montenegro, un nuovo stato nei Balcani

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