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Storia

Nella Jugoslavia di Milosevic

Mentre nel 1991-1992 le altre repubbliche, scelsero l’indipendenza, il Montenegro era stato l’unico a scegliere con un referendum ( votarono il 66% degli aventi il diritto al voto, dai quali il 96% per lo stato comune), di rimenare con la Serbia in una nuova mini federazione jugoslava. Il Montenegro era più di altre repubbliche attaccato alla Jugoslavia perché economicamente dipendente dai fondi federali. La piccola repubblica era sconosciuta all’estero e non poteva contare su un appoggio esterno. Milosevic era abile a presentarsi come un salvatore della Jugoslava e giocava sugli antichi sentimenti filoserbi, sulla comune lingua, simili origini e l’ortodossia La martellante propaganda attraverso i media, aveva creato in molti l’impressione di essere minacciati dagli sloveni, croati, musulmani e albanesi e dai fantomatici complotti internazionali (Vaticano, massoneria, Germania ecc) e che l’unica salvezza fosse unirsi alla più grande Serbia.

Dopo le violenze commesse dai serbi in Croazia, i montenegrini non avevano scelta se non volevano subire lo stesso trattamento e non optarono per l’indipendenza anche per l’istinto di sopravvivenza. Ma dall’inizio si crearono diversi poli d’opposizione. La lega liberale, il Partito socialdemocratico e altri partiti minori condannarono subito il regime di Milosevic e dei suoi alleati montenegrini e la guerra, puntando sull’indipendenza. Anche i musulmani, albanesi e i croati erano insoddisfatti, ma sotto una forte pressione erano costretti ad essere prudenti. Alcuni esponenti della società civile, giornalisti, scrittori e artisti si schierarono contro il regime, senza poter influenzare molto il corso degli eventi.

Nell’ottobre del 1991, il Presidente della repubblica del Montenegro Momir Bulatovic, con l’appoggio della maggioranza del parlamento accettò il piano di Lord Caringhton ( creazione di una Jugoslavia confederale composta dalle repubbliche sovrane), insieme alle altre repubbliche, eccetto la Serbia, ma dopo essere stato minacciato da Milosevic, cambiò opinione.

Come nel 1918, anche allora molti montenegrini cominciarono a capire che l’unione con la Serbia non era una soluzione felice; si trovarono in guerra, esposti alle sanzioni e al blocco economico, con un drammatico crollo dell’economia e un’inflazione astronomica. I soldati montenegrini erano stati i protagonisti del vergognoso attacco alla splendida città rinascimentale croata di Dubrovnik, pesantemente bombardata , mentre i suoi dintorni furono saccheggiati. Anche gli alleati montenegrini di Milosevic sopportavano sempre meno la prepotenza dell’autocrate di Belgrado, soprattutto l’energico premier Milo Djukanovic, chiamato anche Milo il Rasoio. Nel 1997, incoraggiato dagli americani, Djukanovic si oppose apertamente a Milosevic e malgrado il rischio riuscì a vincere le elezioni presidenziali contro Bulatovic ( che rimase fedele a Milosevic) e l’anno seguente una coalizione di partiti creata da lui conquistò una maggioranza nel parlamento. Djukanovic e i suoi alleati, esposti ad una costante minaccia, erano stati abili ad evitare una guerra civile, continuando a giocare il ruolo del più tenace avversario interno di Milosevic, puntando sull’indipendenza, con l’appoggio americano.

Nel 1997, Milosevic si trovo in crisi, sfidato dal governo montenegrino, dall’opposizione serba e dagli studenti, con sempre più disastrosa situazione economica e un’esplosiva situazione a Kosovo. In quel momento critico gli arrivo un importante aiuto economico quando gli italiani e i greci comprarono il 49% della Telecom serba permettendogli di sopravvivere.

Il Montenegro si oppose alla politica aggressiva serba in Kosovo che portò allo scontro con la NATO è offri rifugio a circa 80.000 profughi kosovari. Risparmiato dai bombardamenti ( furono colpite solo alcune postazioni militari), era stato minacciato dal esercito federale e dai filoserbi armati ai quali erano pronti ad opporsi circa 15.000 poliziotti montenegrini. Ma infine lo scontro armato fu evitato.

Fonte

Prof. Antun Sbutega

Montenegro, un nuovo stato nei Balcani

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