Mitopoiesi: i Petrovic
Le idee di Karadzic invece trovarono l’appoggio del vladika montenegrino Petar
II Petrovic Njegos e le sue opere letterarie (Serto della montagna, Luce del
microcosmo, Lo zar falso Stefano il Piccolo, ecc) sono state le prime opere importanti
scritte con il nuovo alfabeto di Karadzic. Inoltre Petar II (chiamato dai
montenegrini semplicemente Njegos), che coltivava idee panserbe, da lui identificate
con quelle slavofile, scrisse le sue opere seguendo la lingua e i versi dell’epica
orale e diede la forma romantica più suggestiva agli antichi miti, soprattutto a
quello del Kosovo. L’opera più importante di Njegos, il poema epico il “Serto della
Montagna”, ha come tema la strage dei montenegrini islamizzati eseguita,
secondo la tradizione, dai montenegrini cristiani alla vigilia di Natale del 1709
(ma che è solo un mito perchè non è mai avvenuta), nella quale glorifica la lotta
dei montenegrini contro gli ottomani.
Per Njegos, montenegrini sono i più eroici tra i serbi, gli unici che non
si sono rassegnati dopo la mitica sconfitta del Kosovo, ma si sono rifugiati nelle
montagne continuando la lotta “per la croce gloriosa e per la libertà dorata”. Questa
opera di grande valore letterario, ha avuto una grande influenza sui montenegrini
e sui serbi, che la conoscevano a memoria, come una volta i greci i versi d’Omero.
Il più importante poeta serbo-montenegrino fu sepolto in una cappella sulla cima
della montagna Lovcen, considerata una montagna sacra e simbolo del Montenegro,
come l’Olimpo per i greci. Negli anni settanta del XX secolo al posto della cappella
fu costruito un mausoleo monumentale, opera del più importante scultore ed
architetto jugoslavo, il croato Ivan Mestrovic.
L’opera di Njegos è stata interpretata in diversi modi durante le guerre jugoslave;
mentre per i serbi rappresenta un grido di battaglia contro i nemici musulmani,
la glorificazione della nazione panserba e del suo importante ruolo nel secolare
scontro tra le civiltà, per i musulmani invece è la glorificazione del genocidio
dei musulmani, e dagli indipendentisti montenegrini viene considerata l’esaltazione
della storia e della nazione montenegrina.
Nikola I, principe e poi re, aveva dato un nuovo impulso alla visione mitopoietica
della storia montenegrina. Egli si serviva delle opere di Njegos e dell’epica orale
per scopi e ambizioni politiche, ovvero per il suo progetto di diventare il sovrano
di un vasto stato degli slavi ortodossi, erede dell’impero medievale serbo. Anche
lui era uno scrittore versatile e nelle sue opere coltivava i miti eroici della
perenne lotta contro i turchi, delMontenegro come Sparta serba e come nucleo
eroico della serbità; lo stesso Nikola si considerava come il “primo serbo”.
Durante il suo regno furono fatti molti progressi culturali, con i primi
giornali, scuole, ginnasi, teatri ecc; nel Montenegro, che mancava di intellettuali
arrivarono gli intellettuali, gli insegnanti, i sacerdoti serbi che propagavano
i miti panserbi nella loro versione romantica; la lingua veniva chiamata serba,
la storia montenegrina definita parte di quella serba e lo stesso Montenegro era
considerato lo stato serbo meridionale.
In questo modo oltre a sviluppare una coscienza nazionale serba, veniva radicata
una visione mitopoietica della storia.
Prof. Antun Sbutega
Lezioni tenute presso l'Università La Sapienza di Roma