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Arte e cultura

Religione

La cristianizzazione del Montenegro comincia già nel I secolo d.C; nell’Illiria era attivo San Paolo e i suoi discepoli, senza ottenere importanti risultati. Appena dopo l’editto di Milano del 313 il cristianesimo si sviluppa velocemente e nel corso del V secolo vengono fondate le diocesi. Anche nell’epoca bizantina le diocesi del Montenegro erano per lungo tempo sotto la giurisdizione ecclesiastica di Roma.

Dopo l’invasione degli slavi pagani comincia la loro lenta cristianizzazione, dove si mischiavano influenze bizantine e romane, ma era decisiva l’opera dei benedettini che avevano fondato decine di abbazie e conventi.

Il primo santo del Montenegro è stato il principe Vladimir (+ 1016), vassallo di Bisanzio e poi dello zar bulgaro macedone Samuilo, che ha subito il martirio e in seguito il suo culto è stato diffuso nel Montenegro ( Duklja), Albania e Macedonia. La Vita di San Vladimir fa parte della Cronaca del prete di Doclea. Ora il suo corpo si trova nella cattedrale ortodossa di Tirana. I monasteri benedettini erano importanti centri culturali attraverso i quali si diffusero i culti dei santi occidentali e anche la cultura occidentale: anche l’autore della Cronaca del prete di Doclea era un benedettino.

All’epoca dello scisma orientale del 1054 il Montenegro (Duklja) era cattolico; nel 1077 il primo re riceve la corona dal papa e nel 1088 la diocesi di Bar viene elevata al rango dell’arcidiocesi cattolica.

Dopo la conquista serba comincia la diffusione dell’ortodossia, anche se il primo re della Serbia, Stefano I, fu incoronato dai legati pontifici. Ma suo fratello Sava, diventato monaco al Monte Athos, approfittando della debolezza di Bisanzio dopo la conquista crociata del 1204, ottenne nel 1219 un’arcidiocesi autocefala ortodossa serba (elevata nel 1346 al rango del Patriarcato) diventando il primo arcivescovo. Così nel Montenegro (allora chiamato Zeta) viene fondata la prima diocesi con la sede in un ex monastero benedettino nelle Bocche. La chiesa ortodossa serba era in funzione della dinastia dei Nemanjic e molti membri della dinastia, a partire del suo fondatore Stefano Nemanja, furono canonizzati. Il culto più importante è quello di San Sava, rimasto molto forte fino ad oggi, tanto che i serbi spesso chiamano la propria religione “svetosavlje”, cioè la religione di San Sava, insistendo sulla sua particolarità nel seno dell’ortodossia.

Nel Montenegro l’ortodossia si era sviluppata soprattutto nelle campagne, mentre le città erano rimaste saldamente cattoliche. I sovrani serbi erano generalmente tolleranti verso il cattolicesimo ( anche se non mancavano tensioni e abusi verso la chiesa cattolica), nonostante sostenessero l’ortodossia, la religione dello stato, anche perché avevano un grande interesse per le città cattoliche, i più importanti centri commerciali e culturali, essenziali per i rapporti economici, politici e culturali con l’Occidente.

Dopo il crollo dello stato serbo, i Balsić, originariamente ortodossi, diventati i signori del Montenegro, si convertono al cattolicesimo che diventa di nuovo la religione dello stato, anche se l’ortodossia fu tollerata.

Invece i principi della dinastia Crnojević, alleati di Venezia, erano ortodossi, ma tolleranti verso i cattolici. In quest’epoca si verificarono molti matrimoni misti tra i cattolici e gli ortodossi ed esistevano le chiese dove si celebrava la messa in tutte e due le confessioni.

Nel territorio veneziano dove predominavano i cattolici, gli ortodossi erano esposti alle pressioni per riconoscere l’unione tra la chiesa ortodossa e cattolica firmata nel 1439 al concilio di Firenze ma non riconosciuto dalla chiesa serba. Nel Montenegro era stata fondata una diocesi uniate (greco-cattolica) che scomparve dopo alcuni decenni.

La metropoli ortodossa si stabilì a Cetinje dove nel 1482-84 principe Ivan Crnojević aveva costruito un palazzo di corte ed un monastero .

Con la conquista della Serbia nel 1459 fu abolito anche il patriarcato serbo e così la metropoli montenegrina diventò di fatto indipendente, anche se formalmente riconosceva la giurisdizione dell’arcidiocesi ortodossa di Ohrid ( Macedonia).

La sua posizione non era indebolita con la conquista turca. I cristiani dell’impero erano organizzati in Rum millet, e godevano di libertà religiosa e di larga autonomia, essendo i dimmi (religione monoteista rivelata) che dovevano essere protetti dal sultano.

I turchi non forzavano l’islamizzazione e la chiesa aveva conservato i suoi beni e in mancanza di altre istituzioni e autorità nazionali la metropoli si afferma anche come centro culturale e politico del paese, importante per tenere insieme le tribù ed evitare gli scontri tribali.

Con il ripristino del patriarcato serbo (l’unico nei Balcani oltre al patriarcato di Costantinopoli) nel 1557 la chiesa montenegrina tornò sotto la sua giurisdizione. Questo fatto era importante perchè l’unione religiosa aveva stimolato lo sviluppo dell’identità spirituale serba anche nel Montenegro.

Nel corso del XVII secolo i vladika montenegrini rafforzarono la loro autorità politica e culturale e diventarono anche condottieri che comandavano i guerrieri montenegrini nelle guerre contro i turchi e trattavano con il sultano e con Venezia e risolvevano i problemi interni e i conflitti tra le tribù.

Durante il seicento si intensificano gli sforzi della chiesa cattolica per creare l’unione con le chiese ortodosse dei Balcani. Un ruolo particolare in queste trattative lo ha avuto la Sacra Congregazione Propaganda Fide fondata nel 1622. Il patriarcato serbo era disposto ad accettare l’unione, ma questa non fu mai realizzata a causa di molteplici problemi, tra i quali anche l’opposizione dei turchi, che avevano ucciso il patriarca serbo favorevole all’unione. Invece il metropolita montenegrino Mardarie firmò l’unione nel 1640, alla quale aderì anche il metropolita ortodosso dell’Erzegovina Vasilije Jovanovic (circa 1660) in seguito canonizzato dalla chiesa ortodossa e conosciuto come san Vasilije Ostroski, il santo più venerato dagli ortodossi montenegrini. Ma questa unione è durata solo alcuni decenni.

Alla fine del XVII secolo s’indebolirono i legami con il patriarcato serbo e i metropoliti montenegrini (vladika) venivano eletti dall’Assemblea tribale montenegrina, senza essere più nominati dal patriarca serbo nè approvati dalle autorità ottomane.

Fonte

Prof. Antun Sbutega

Lezioni tenute presso l'Università La Sapienza di Roma

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