Mitopoiesi: considerazioni
Così la visione mitopoietica della storia rimane predominante nell’epoca
contemporanea, nonostante lo sviluppo della storiografia, anche quella influenzata
spesso dai miti romantici, dal nazionalismo, panserbismo, panslavismo, jugoslavismo
e in seguito dalle ideologie moderne, nazi-fasciste, comuniste e nazional comuniste.
E’ interessante che la prima storia degli slavi meridionali è stata scritta nel
Montenegro alla fine del XII secolo. Si tratta della “Cronaca del prete di
Doclea” scritta dal benedettino Grgur, diventato l’arcivescovo di Bar. Naturalmente si tratta di un’opera che usa i miti e le leggende
medievali e le agiografie, che mescola con informazioni storiche, analoga
alle simili cronache medievali europee, che non sono opere storiografiche in senso
moderno. Ciò nonostante ha avuto una grande influenza per lo sviluppo della storiografia
slava e per lo slavofilismo; pubblicata nel 1601 da Mauro Orbini (di Dubrovnik)
a Pesaro, nel suo libro il “Regno degli slavi”, tradotto e pubblicato nel XVIII
secolo in Russia, ha influenzato serbi, montenegrini, croati, russi, bulgari e altri
popoli slavi. Orbini offre la prima dettagliata descrizione della battaglia del
Kosovo, diventando anche la fonte principale per l’elaborazione del mito.
Mentre la storia delle
Bocche sotto il governo di Venezia è documentata negli archivi e descritta
in molte cronache, si doveva aspettare il 1754 per una nuova storia del Montenegro.
Si tratta della Storia del Montenegro scritta dal vescovo ortodosso montenegrino
Vasilije Petrovic pubblicata in Russia nel 1754.
Questo libro (di sole 43 pagine) non ha un valore storiografico, anche perché è
stato scritto con scopi propagandistici, l’autore aveva intenzione di attirare l’attenzione
della Russia e di convincere San Pietroburgo a trasformare il Montenegro
in un protettorato russo. Questi ha falsificato i dati geografici e storici, presentando
il paese molto più grande e ricco, mistificando la sua storia, anche per elogiare
la dinastia Petrović
(alla quale apparteneva). Sosteneva che il Montenegro non è mai stato conquistato
dai turchi, che aveva una continuità dall’epoca dello stato serbo di Nemanjic, seguito
da quello di Balsić,
dei despoti serbi, di
Crnojević fino alla teocrazia di Petrovic; non nomina il primo stato montenegrino,
quello di Duklja, essendo quello cattolico e filo occidentale. In una lettera a
Maria Teresa d’Austria egli afferma che il Montenegro è una libera repubblica dai
tempi di Alessandro Magno. Anche le brevi storie successive scritte dal vladika Petar I e dagli altri autori romantici seguono
per lungo tempo l’esempio del
vladika Vasilije e sono piene di errori e mistificazioni.
Inoltre i vladika della dinastia Petrovic hanno sostenuto di essere legittimi
eredi dello stato di Crnojevic; l’ultimo principe avrebbe consegnato lo stato
ai vladika ortodossi, di
Cetinje. Si tratta di una versione
montenegrina della famosa donazione di Costantino.
Durante il XIX secolo nel Montenegro si sviluppa il sentimento nazionale
serbo, che ha influenzato la storiografia romantica e quella successiva.
La storiografia serba, di valore scientifico più grande, tratta spesso la storia
montenegrina come parte della storia serba; la storiografia croata invece valorizza
i legami storici e culturali tra la Croazia e il Montenegro.
Durante l’epoca comunista si sviluppa molto la storiografia, con tante opere di
notevole valore scientifico, che era però spesso influenzata dall’ideologia marxista.
Dagli anni 80’ del XX secolo si riaccende lo scontro tra gli storiografi filoserbi
e quelli indipendentisti; gli argomenti storici e pseudo storici hanno un
grande valore nelle lotte politiche. I filoserbi hanno fatto una revisione anche
della storia della Seconda guerra mondiale; negano i crimini dei cetnici e il fatto
che quelli sono stati collaborazionisti degli italiani e dei tedeschi; essi si trasformano
negli eroi anticomunisti e della guerra contro i musulmani e gli ustascia croati.
Le operazioni di revisione storica sono state eseguite anche da alcuni storici indipendentisti.
In ogni caso sembra che per cambiare il futuro è necessario cambiare prima il passato.
Non è vero che il passato, concepito come storia, non può essere cambiato neanche
dagli dei; la storia non è un insieme di fatti accaduti o il loro elenco, ma la
visione e l’interpretazione dei fatti e dei processi e queste sono soggette ad un
continuo cambiamento.
I miti sono sempre profondamente radicati e sopravvivono sotto “il sottile manto
della razionalità” ( Max Weber) che nei Balcani è molto più sottile che nell’Europa
occidentale.
Prof. Antun Sbutega
Lezioni tenute presso l'Università La Sapienza di Roma